Lo sguardo forte e malinconico di una donna sulla ‘ndrangheta

dipintopasternakdi Ariella Lea Heemanti - La littorina sta per arrivare. La donna in attesa sulla banchina la scorge e la indica. Fa freddo e il vento sferza i volti. Quando saliamo il vagone è già quasi pieno, ma troviamo posto una di fronte all'altra. L'automotrice parte è c'è già nello sguardo della donna qualcosa di forte, malinconico, che vuole esprimersi. Lei parla del giorno difficile che ha avuto a scuola, con la dirigente e quelle incomprensioni quotidiane, le pretese, le incongruenze, l'ambiente stesso del paese in cui insegna – in una scuola materna sopra Rosarno - che le fanno venire voglia di andarsene, ormai, in una bella città del Nord dove vivono e lavorano i suoi figli. Le chiedo perché non lo fa, allora. E allo sguardo, nella malinconia, nella forza, si aggiunge un sorriso che ha le stesse sfumature: «Per non lasciare i miei alunni in balia...». Non termina la frase, s'interrompe e quello sguardo s'intensifica. Lascia completare a me quello che intende: «In balia della 'ndrangheta». Fa segno di sì con intelligenza. La sua non era un'omissione, un giro di parole. Al contrario, era come se lei volesse cercare rinforzi in una conoscenza e in un sentimento comune che intuiva, che aveva indovinato già.

«Ogni giorno mi alzo, prendo il treno, pago l'abbonamento anche se spesso trovo un passaggio in macchina con le colleghe. Arriviamo a Rosarno e là un ragazzo che è il nostro angelo, se non siamo in macchina, ci porta lui su a scuola con la sua auto. Lo fa da tanti anni. Spesso mi assale lo sconforto e anche la paura per lo squallore che vedo, per i pericoli, per quella minaccia a volte dissimulata e a volte evidente che è nella parlata, nella mentalità, nei gesti di chi spadroneggia in questi luoghi da una vita, con la forma radicata di arbitrio, di illecito e di violenza che gli 'ndranghetisti apprendono in famiglia, impigliando anche gli altri in una rete ora di complicità, approvazione, giustificazione, omertà; ora di silenzio, grido soffocato, sofferenza, abbandono.Come spiegare come si rimane quando, dopo un po', si vedono i soliti personaggi in libertà, con tutta la fatica e l'impegno delle forze dell'ordine per arrestarli?Come si fa a lasciare i bambini soli, in mezzo a tutto questo? Tante volte ho detto a mio marito: andiamocene. Ma se se ne vanno tutti, chi resta qui. Loro, i mafiosi? Ed è pure vero che ormai essi sono dappertutto. Dov'è che la 'ndrangheta non si è installata, diramata con quella sua capacità mortale di imporsi, di depredare, rovinare e inquinare non solo l'economia ma il fulcro stesso di una comunità?».

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Gli altri passeggeri la osservano, di sottecchi, magari, mentre lei parla senza enfasi, con una piana semplicità. Qualcuno la scruta maneggiando lo smartphone. Un ragazzo la riconosce e la saluta con gioia. Lei ne è felice. Si vede che ne ha di felicità da dare, trasmettere, come un altro insegnamento. E il velo di malinconia negli occhi è qualcosa che non preclude speranze, che non allude alla rinuncia, solo al rammarico. Guardiamo entrambe, fuori dal finestrino, il paesaggio jonico così ferito, deturpato sia sulla costa che nel fianco della montagna, e la littorina procede su una linea oramai perduta e distrutta di risa di donne intente a raccogliere di primo mattino gelsomini, con mani agili, stanche e provvide, con fazzoletti in testa e una contezza antica di diritti da reclamare. La ciminiera della Liquichimica invece è sempre là, brutta, inutile, miserabile. Il discorso che facciamo è sempre quello che in queste terre si potrebbe vivere solo di turismo. Ma il fatto è che c'è sempre lei, la 'ndrangheta, che non resterebbe certo indietro, figurarsi. «Devasterebbero il territorio più di quanto non abbiano già fatto – dice l'insegnante -. Basta pensare a quello che hanno fatto con quei villaggi turistici costruiti proprio sulla costa dei gelsomini. Un obbrobrio».

Già, è obbrobrio la parola giusta. A volte, fra tutte le parole, in tutti gli anni, nel carico di storie, di memorie, basta una sola parola, obbrobrio, per definire l'offesa della 'ndrangheta, dei suoi protettori, finanziatori e rappresentanti, al territorio, alle persone, e a una coscienza tutta racchiusa nello sguardo forte e malinconico di una donna, nel velo di mimosa dei suoi occhi e del suo sorriso che nulla toglie a una possibile felicità, da insegnare, trasmettere, con il resto delle cose.

Dipinto

Leonid Pasternak, ritratto di E.Levina, 1916